Dagli incentivi alla rottamazione alla cashless revolution: tutti i “bonus” per l’Italia

Posted By Daniela Montalbano on Ott 2, 2019 | 0 comments


REGIONE CHE VAI, BONUS CHE TROVI – Da domani, a Milano e in altre città italiane, scatterà il blocco alla circolazione per i veicoli più inquinanti: dalle 7,30 alle 19,30, dal lunedì al venerdì. Valido anche per le vetture diesel Euro 4 senza filtro antiparticolato o che, pur con questo dispositivo, emettono più di 0,0045 grammi di polveri sottili al chilometro. Tra queste potrebbero anche esserci auto con meno di dieci anni di vita. Il Sole 24 Ore racconta la mappa nazionale degli incentivi alla rottamazione: ogni Regione fa a modo suo, e si va dai 2mila euro ai 20mila euro della Lombardia (per imprese micro, piccole e medie) e dai 2mila agli 8mila dei quali potranno beneficiare i cittadini, residenti, lombardi.
La forbice è ampia: in Piemonte si va dai mille ai 10mila euro, in Veneto dai 1.500 ai 3.500 euro, in Emilia-Romagna dai 2mila ai 3mila euro, in Trentino Alto Adige dai 2mila ai 4mila euro.
La Sardegna batte tutti: per le piccole e medie imprese, il bonus tocca un massimo di 25mila euro. «A livello nazionale – ricorda il quotidiano economico – dal 1° marzo e sino a fine 2021 c’è l’ecobonus, tarato sulle emissioni di Co2 in modo da spettare solo ad auto elettriche o ibride plug-in (cioè con batteria in grado di far percorrere alcune decine di chilometri in modalità elettrica). Per emissioni fino a 20 g/Km (in pratica, alle auto elettriche) vanno 4mila euro (6mila in caso di rottamazione); da 21 a 70 g/Km (valore alla portata delle plug-in) 2.500 (4mila con demolizione)».
Gli incentivi messi a disposizione dalle Regioni, salvo eccezioni, sono cumulabili con quelli nazionali. Il vero problema? «Manca ancora una cornice normativa comune, e spesso i venditori desistono dal riferire ai clienti che ci sono i contributi locali».
FLAT TAX, CARTA DI CREDITO, CUNEO FISCALE: A CHE PUNTO SIAMO?Oggi, il consiglio dei ministri esaminerà la nota di aggiornamento al Def, il Documento di economia e finanza, che traccia la strada alla legge di Bilancio. Scrive il Corriere della Sera: «Il rapporto tra deficit e Pil dovrebbe essere fissato al 2,2%, un decimale in più rispetto alle attese degli ultimi giorni. Una buona notizia, perché più deficit vuol dire più risorse. Ma i conti non tornano ancora».
Flat tax – Il governo Conte fermerà il secondo passo della “tassa piatta”. Cioè il previsto passaggio all’aliquota fissa del 20% per le partite Iva con reddito compreso tra i 65mila e i 100mila euro. Resterà invece la Flat tax al 15% per le partite Iva fino a 65mila. Però, anche a loro sarà esteso l’obbligo di fatturazione elettronica, in funzione anti-evasione.Carta di credito – I primi interventi interesseranno l’Iva al 10%, quella più comune e che si applica – per esempio – ai ristoranti. Scrive il Corriere: «Chi decide di pagare in contanti versa un’Iva più alta, l’ipotesi è il 12%. Chi invece salda con carta di credito o bancomat alla cassa paga sempre un’Iva del 12%. Ma nell’estratto conto dello stesso mese o del mese successivo se ne vede restituire il 3%. L’incentivo al quale punta la politica è questo: lo sconto per chi sceglie il pagamento elettronico deve essere più alto dell’aumento per chi invece preferisce il contante».
Soglia subappalti – Scenderà di nuovo la soglia massima per i subappalti che il decreto Sblocca cantieri del precedente governo aveva alzato dal 30 al 40% dell’appalto principale. Le forze politiche stanno ancora discutendo, ma «la Corte europea, pochi giorni fa, ha giudicato illegittimo il tetto ai subappalti introdotto dall’Italia»
Taglio al cuneo fiscale – Sarà progressivo. Nel 2020 il taglio del cuneo non partirà a gennaio ma qualche mese dopo, forse a maggio. E questo perché per il 2020 sembra difficile trovare i 5 miliardi che servono per il bonus pieno da 1.500 euro l’anno ai dipendenti con reddito annuo al di sotto dei 26mila euro lordi. Dal 2021, invece, il bonus sarà valido tutto l’anno.
LA LOTTA AL CONTANTE SALVERA’ L’ITALIAIl rapporto della Community Cashless Society, la piattaforma di confronto per la diffusione dei pagamenti elettronici in Italia lanciata da The European House-Ambrosetti (Teh), presenta molti dati interessanti. Partendo da questo: «Nel nostro Paese, solo il 23% delle transazioni avviene con strumenti di pagamento cashless», lo scrive sul Corriere della Sera Valerio De Molli, managing partner e ceo di Teh. L’incidenza del contante sul Pil nazionale, ha addirittura registrato un peggioramento nell’ultimo anno «confermando la posizione del nostro Paese nella top 35 dei peggiori al mondo». Compagni di viaggio sono il Gambia, il Pakistan, il Kirghizistan e il Guatemala. L’Italia, in fatto di cashless, è il peggior Paese tra i 28 dell’Unione europea. Ma c’è di più: «Il Vat gap – ovvero l’Iva che non viene riscossa a causa dell’evasione fiscale – in Italia ammonta a 35,9 miliardi di euro. Negli ultimi 10 anni, grazie all’evasione, l’Italia ha perso 390 miliardi di euro di gettito Iva, pari a circa il 17% del debito pubblico attuale. Se le transazioni elettroniche in Italia (46 pro-capite) si allineassero all’attuale media europea (135 pro-capite), il paese potrebbe ridurre il Vat gap di 12,5 miliardi di euro all’anno». Ma la “cash revolution” non la si deve chiedere solo a imprese e cittadini. Anche i Comuni devono fare la loro parte. Magari guardando al Comune di Milano che, nel 2017, ha attivato pagoPA per riscuotere la Tari. Se tutte le amministrazioni seguissero questo modello per il pagamento di tassa rifiuti e multe, «i benefici ammonterebbero a 375 milioni all’anno».