In un’Italia poco digitale e superburocratica, sono arrivati gli Isa. Pagheremo più tasse?

Posted By Daniela Montalbano on Nov 12, 2019 | 0 comments


ISA: L’ALGORITMO DIFETTOSO CHE FA PAGARE PIU’ TASSE

Il Corriere della Sera spiega i rischi dell’algoritmo che sta alla base degli Isa, gli Indici sintetici di affidabilità fiscale che dovrebbero sveltire le pratiche e fare pagare le tasse dovute. Si procede a voti: «Dall’8 in su possiamo stare tranquilli; se invece il voto è inferiore al 6 entri nella lista dei controlli presuntivi. Tutto quello che sappiamo è che l’algoritmo si basa sui redditi degli ultimi otto anni e sugli studi di settore degli ultimi dieci». Però: i coefficienti predeterminati dall’Agenzia delle Entrate sono immodificabili, come pure alcuni dati, anche se sono sbagliati, e gli esiti non sono sempre coerenti con l’attività esercitata. Così emerge che fra il 40% e il 50% «dei contribuenti – prosegue il quotidiano – è passato dall’essere “congruo e coerente” nella dichiarazione dei redditi del 2018 a “insufficiente” in quella del 2019, o viceversa. Quindi: un sistema che da una parte rischia di vessare il contribuente onesto, e dall’altra non “vede” l’incoerenza di quei contribuenti che decidono di pagare qualcosa in più per prendersi i benefici premiali, e non li concede a chi li meriterebbe».

Da mesi, Confartigianato sta chiedendo una revisione della metodologia di costruzione degli Indici.

FISCO: UNA SCORPACCIATA DI BENEFIT – Dal governo arriva un’ampia disponibilità di crediti di imposta, incentivi e agevolazioni. Li ricorda Italia Oggi:
Patent Box – Le imprese che hanno utili oltre il 10% possono utilizzare questo strumento per ridurre le imposte quasi del 50%. Si può procedere con istanza di ruling entro il 31 dicembre, oppure si può aspettare la definizione del bilancio nel 2020 (autodichiarazione).
Iper ammortamento – E’ stato prorogato al 2020 e la circolare del 1° agosto 2018 ha introdotto una novità importante: è sufficiente che i macchinari trasmettano dati per considerare soddisfatto il requisito dell’interconnessione.
Credito d’imposta per ricerca e sviluppo – L’impianto resta così com’è, copre le attività fino al 2020 ma permette di recuperare anche i costi sostenuti dal 2015. Il credito copre le spese per attività di R&S in una percentuale che va tra il 25 e il 50% a seconda della tipologia di spesa.
Credito d’imposta per la formazione 4.0 – Valido anche per il 2020, garantisce alle Pmi un’agevolazione del 40% sui costi del personale in formazione fino ad un massimo di 300mila euro. Nel 2020 ci sarà un nuovo credito d’imposta: fino a 60mila euro per impresa per favorire i processi di trasformazione tecnologica necessari alla transizione ecologica.
Legge Sabatini – E’ stata rifinanziata a favore di quelle piccole e medie imprese che vogliono acquistare o acquisire in leasing macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo, hardware, software e tecnologie digitali.
DIGITALE: UNA SALITA IMPEGNATIVA DOVE L’ITALIA ARRANCA – Lo scrive Italia Oggi: «Diciotto database nazionali e miliardi di dati, eppure l’Italia è al di sotto della media Ue per disponibilità dei servizi digitali e per effettivo utilizzo dei servizi digitali da parte dei cittadini. In sintesi, abbiamo una caterva di archivi pieni zeppi di dati, ma non vengono usati per migliorare i servizi. Anzi, sono fonte di rischi per la privacy». Secondo l’Agid, l’Agenzia per l’Italia digitale, nella disponibilità dei servizi digitali il nostro Paese è al 58% contro la media Ue del 63% e l’effettivo utilizzo dei servizi da parte dei cittadini racimola un 22% contro la media europea del 53%. Inoltre, secondo i dati del Desi «solo il 69% della popolazione italiana utilizza internet contro la media Ue dell’81% e ben il 23,2% della popolazione italiana non ha mai utilizzato internet a fronte di una media Ue del 12,9%. Insomma, qualità, utilizzo e garanzie del digitale – sullo Stivale – rendono la corsa verso il futuro molto impegnativa.
LA PALUDE DELLE LEGGI: I COMUNI (E LE IMPRESE) AFFONDANO – Delle disavventure delle amministrazioni locali con la burocrazia italiana ne scrive “Il Giorno” dando la parola a Antonio Decaro, presidente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci). Un esempio: «Lo Stato, per venti giorni di ritardo nella rendicontazione, chiede indietro il 5 per mille destinato ai disabili. Però si dimentica di pagare l’Imu sugli immobili della Difesa e, nonostante la sentenza della Cassazione, ancora non paga». Un altro ancora: «Per indire un concorso per assumere personale, un Comune ci mette un intero anno perché per farlo si devono attivare sedici procedure amministrative». E ancora: «Per tutti gli obblighi informativi e di comunicazione di atti allo Stato, ogni Comune deve tenere impegnato almeno un istruttore amministrativo che costa 35mila euro all’anno.

Snellendo queste comunicazioni, i Comuni risparmierebbero circa 280 milioni di euro». Lo Stato dovrebbe restituire ai Comuni 564 milioni di euro, ma non cede un solo euro. E così, da parte dell’Anci, ecco la presentazione della legge “Liberiamo i sindaci”: «Se il taglio ai trasferimenti continua, i cittadini devono sapere che la responsabilità della riduzione dei servizi non è nostra», dice Decaro.

Per concludere, l’84% delle imprese italiane ritiene che la burocrazia sia un serio problema.