L’Italia della “Plastic tax” è tra le prime economie verdi al mondo. Grazie anche alle Pmi

Posted By Daniela Montalbano on Ott 22, 2019 | 0 comments


I RIFIUTI SONO IL PETROLIO DEL FUTURO – Claudio Descalzi, da cinque anni amministratore delegato di Eni, dice a “Il Sole 24 Ore” che «i rifiuti sono il petrolio del futuro». Così, se da un lato Eni è impegnata nella «grande trasformazione della chimica e della raffinazione in Italia, dall’altro sta lavorando al lancio di impianti tascabili per la trasformazione dei rifiuti organici: trattare 150 mila tonnellate di rifiuti significa trasformare in energia i rifiuti di 1 milione e mezzo di persone».
Nei prossimi anni Eni arriverà alle 600mila tonnellate attraverso impianti che «producono fino al 60 per cento di acqua pulita». Ma non è finita: «Per la parte plastica – prosegue Descalzi – abbiamo sviluppato una tecnologia che trasforma le plastiche non riciclabili, che rappresentano il 50 per cento del totale, quelle composte che non possono essere riportate al polimero di base. Da esse è possibile estrarre idrogeno, metanolo e virgin nafta».

ARRIVA LA PLASTIC TAX: UN EURO AL CHILO – Benvenuti nel mondo della sostenibilità. Che il governo italiano – parla la viceministra dell’Economia Laura Castelli – vuole realizzare anche attraverso la “Plastic tax”. Che porterà un gettito di un miliardo di euro nel 2020 e di due nel 2021. Scrive “Il Sole 24 Ore”: «L’imposta si applicherà sugli “imballaggi primari” (ne fanno parte anche i contenitori monouso come le bottigliette di platica o le confezioni dei più diversi prodotti alimentari e non), “imballaggi secondari” (per esempio la confezione di plastica che avvolge le sei bottiglie di minerale) e “imballaggi terziari”, cioè i grandi contenitori utilizzati dalle imprese per i loro materiali. La tassa sarà un euro al chilogrammo (il 70% degli imballaggi è “primario”; i “secondari” valgono il 7% del totale) ma una bottiglia pesa pochi grammi». Così l’imposta dovrebbe colpire soprattutto le imprese che utilizzano molto materiale plastico nelle loro produzioni.
La viceministra dice che «questa mossa comprende però anche il rilancio e l’estensione in termini ambientali del pacchetto Impresa 4.0». Inoltre, l’imposta nasce con «l’obiettivo ufficiale di tutelare l’ambiente, quindi la sua applicazione dovrebbe escludere la plastica riciclata. Ma spesso, plastica vergine e riciclata si fondono nello stesso prodotto. E per individuare l’area di esenzione bisognerà fissare la quota minima di materiale riciclato necessaria a evitare di dover passare alla cassa».

ECONOMICA CIRCOLARE: L’ITALIA TRA LE PRIME ECONOMIE VERDI AL MONDO – Matteo Caroli interviene su “Il Sole 24 Ore” e dice di quanto l’Italia sia un Paese che ha già accettato la sfida della “riduzione, riutilizzo, riciclo e recupero” dei rifiuti. Le quattro R dell’economia circolare. Ecco l’Italia in sette punti:
➡️Siamo tra le prime economie verdi al mondo. Secondo Fondazione Symbola, nel 2008 consumavamo più di 17 tonnellate di petrolio; oggi siamo intorno a 14,

➡️Occupiamo il terzo posto tra le cinque grandi economie europee per quanto riguarda le emissioni in atmosfera: 104,2 tonnellate di Co2 per milione di euro prodotto,

➡️Nelle energie rinnovabili siamo primi tra i principali Paesi europei con il 17,4% per quota di rinnovabili nel consumo interno lordo,

➡️Siamo il quarto produttore mondiale di biogas (dopo Germania, Cina e Stati Uniti) con circa 1.900 impianti operativi,

➡️Insieme alla Germania, l’Italia è leader europeo in termini di quantità di materie seconde riciclate nell’industria manifatturiera,

➡️Il 79% dei rifiuti, in Italia, è avviato a riciclo. Un valore che è più del doppio della media europea, attestata al 38%, e molto maggiore di quello francese, inglese e tedesco, tra il 45 e il 55%,

➡️In Italia, circa 1 impresa manifatturiera su 3, in questi anni, ha investito (o è pronta a farlo) per un maggior risparmio energetico o per la riduzione dell’impatto ambientale delle proprie attività. Le aziende “green” sono più innovative e internazionalizzate delle altre.

IL RUOLO CENTRALE DELLE PMI NELLA PARTITA DELLA SOSTENIBILITA’ – Perché le piccole e medie imprese sono così importanti nel percorso verso la sostenibilità? Lo scrive Giorgio Vittadini: «Nelle Pmi c’è uno stretto legame con il territorio, con un ruolo determinante nei processi che portano lo stesso a diventare “sistema territoriale” competitivo anche attraverso l’apertura internazionale. C’è la caratteristica profonda del senso del lavoro e del rischio di impresa; c’è l’apporto ai processi innovativi e formativi; la capacità di fare rete; l’implicazione in dinamiche sociali; il contributo offerto alla democrazia (non solo economica); la centralità dell’uomo nello sviluppo; la capacità di promuovere partenariati tra soggetti pubblici, pubblico-privati e nella società civile». Insomma, sono soprattutto le Pmi che stanno «raccogliendo le sfide della green economy. E se vogliamo entrare nella tanto dibattuta relazione tra impresa aziendale e produttività, i dati Symbola evidenziano che la crescita maggiore del valore aggiunto pro capite si ha nelle Pmi (+19,9%)». Nelle grandi imprese è +18,3%.

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