Più studio e meno tasse: la formula per crescere, che elimina il “mismatch”

Posted By Daniela Montalbano on Lug 17, 2019 | 0 comments


Qualche nuvola nera, qualche nuvola di troppo, si aggira per l’Europa. Sul fatto che l’Italia arretrasse sul fronte della crescita, quasi ce ne eravamo fatti una ragione. Magari sbagliando, ma le stime – seppur prodotte in chiave a volte “personalistica”: la Commissione europea comunica le sue; l’Italia ha le proprie – rappresentano un alert sul quale non nicchiare troppo.


STIME DI CRESCITA RIDOTTE: MERCATO DEL LAVORO POCO DINAMICO – Questa volta, però, la Commissione europea ha ridotto la sua previsione di crescita della Ue per il 2020, e la crescita robusta in Europa centro-orientale «contrasta con il rallentamento in Germania e in Italia», scrive il Sole 24 Ore.

L’Italia: la crescita è stimata allo 0,1% nel 2019 e allo 0,7% nel 2020; la Germania presenta uno 0,5% per quest’anno e l’1,4% per l’anno che verrà. A ostacolare il nostro Paese sono, come sempre, «una domanda internazionale debole, un aumento del risparmio e un mercato del lavoro poco dinamico».

LA FORMAZIONE COME PRIORITA’ DEL PAESE – Ecco, forse è proprio questo il punto sul quale insistere. L’occupazione va di pari passo con le competenze; la crescita è trascinata dalla produttività e questa si aggancia – solitamente – alla preparazione e alla professionalità di chi sta in azienda. A quanto siano adeguati i suoi studi ai bisogni del mercato e di chi, sul mercato, di vuole stare. Ecco perché, scrive il Corriere della Sera, «la formazione deve essere una delle, se non la priorità principale, per un Paese che non vuole guardare al futuro con timore. Le singole imprese possono anche avere livelli di eccellenza elevati (se non fosse così la nostra economica affonderebbe), ma è la produttività generale di sistema che non regge».

LO STUDIO IN ITALIA: TRA NORD E SUD, LE DIFFERENZE CHE FANNO MALE – non regge perché tra il Nord e il Sud Italia, ancora esiste una netta differenza: «Il primo assicura una sufficiente preparazione ai propri studenti; il secondo arranca». Allora ecco i dati Eurostat: nel 2018, in Italia, le persone che avevano un diploma, tra i 25 e i 64 anni di età, erano poco più del 60% contro una media europea dell’80%. Gli italiani tra i 16 e i 74 anni che dichiaravano un alto livello di competenza digitale erano il 19% rispetto a una media Ue del 31%. Tra i 30 e i 34 anni gli italiani laureati, sempre nel 2018, erano il 27,8% contro una media Ue del 40,7%. La globalizzazione è una costante nel mondo, la digitalizzazione una costante lo sarà fra poco, non possiamo permetterci un mismatch così aggressivo: le competenze dei giovani devono essere in linea con le richieste del mondo produttivo.
TECNICI: SE CI SIETE, BATTETE UN COLPO – Così è. E così dovrà essere perché, ancora una volta, i quotidiani economici insistono sul fatto che «le imprese sono alla ricerca di 469mila tecnici. Pronte ad offrire un posto di lavoro da qui al 2022». Fincantieri, addirittura, dice al Sole 24 Ore della sua «difficoltà a trovare 6mila lavoratori». Eccolo il mismatch di cui si parlava: «Circa un terzo delle professionalità tecniche necessarie, già oggi risulta di difficile reperimento». Il secondo punto, già detto anche questo: la formazione come priorità per la crescita del Paese. Però i pregiudizi nei confronti degli Istituti tecnici sono ancora molti. Ancora il Sole: «Agli Its (che garantiscono un tasso di occupazione che sfiora l’80% con punte superiori al 90%, a un anno dal titolo), sono iscritti appena 13mila studenti. Nelle “materie Stem” si laurea, ogni anno, solo «l’1,4% dei giovani tra i 20 e i 29 anni a fronte del doppio, e quasi del triplo, a livello internazionale. Il collegamento tra mondo della scuola e mondo del lavoro, inoltre, in Italia è debole. Da noi, il 4,4% di under 25 studia e ha un primo contatto con le aziende (in Germania il tasso è del 36,8%). La disoccupazione giovanile, sullo Stivale, è del 30% mentre nel Paese di Angela Merkel siamo intorno al 5 per cento».
DIAMOCI UN TAGLIO…ALLE TASSESe – la formazione è una delle priorità del nostro Paese, il taglio del cuneo fiscale è la priorità vera e propria. Se ne parla da anni e se ne parlerà ancora, perché l’intesa di governo sul taglio è saltata. Questioni di vedute, spiegate dal Corriere della Sera: «Per la Lega, il taglio delle tasse dovrebbe contenere i costi delle aziende in modo da compensare il salario minimo; per il Movimento 5 Stelle, invece, dovrebbe almeno in parte far salire la busta paga dei lavoratori». Una cosa è certa: non si potrà aspettare ancora a lungo perché, dice il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, «già oggi l’Italia ha il più alto costo del lavoro, e non possiamo gravare ancora sulle imprese, specie su quelle piccole e medie».